La separazione personale dei coniugi è una situazione temporanea, in cui si allenta , ma non si scioglie, il vincolo matrimoniale. A norma dell’art. 150 c.c., essa è giudiziale o consensuale e in entrambi i casi si realizza solo a seguito di un provvedimento del giudice.
La separazione di fatto è altra cosa perchè non prevede l’intervento del giudice. I coniugi semplicemente decidono di interrompere la convivenza, senza alcuna formalità, ma acquisendo la qualità di “separati in casa”, quando continuano a coabitare. Si tratta di una condizione dai contorni indefiniti e proprio per questo delicata. Tanto è vero che sebbene la separazione di fatto non sia sanzionata da alcun provvedimento dell’autorità giudiziaria, l’allontanamento di uno dei due coniugi dall’abitazione familiare o l’instaurazione di relazioni extra-coniugali potrebbero essere motivo di addebito della separazione nel caso di separazione giudiziale. Ed è vero anche il contrario: il fatto che un coniuge abbia tollerato per un certo periodo il comportamento illecito dell’altro, potrebbe invece escludere l’addebito. Come dire che l ‘incertezza regna sovrana se il giudice non sugella la fine di un amore. E gli effetti di una situazione preferita per scelta o necessità diventano imprevedibili.
E’ quindi ragionevole pensare che i doveri matrimoniali permangano tutti in costanza di separazione di fatto, com’è dimostrato dalla possibilità che il coniuge sia convenuto in giudizio per il loro adempimento. E così due che poco si sopportano, dovrebbero continuare a garantirsi fedeltà, assistenza morale e materiale, collaborazione. Ne viene fuori un quadro un pò triste, di bianchi sepolcri e poca sostanza.
Eppure, tante coppie vivono in casa scontrandosi quotidianamente tra barricate di indifferenza e pugnalate alle spalle.
Succede quando l’indipendenza economica manca, o l’impresa di salvare le apparenze risulta più importante di qualunque aspirazione di felicità.
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