Ribadita con una sentenza la possibilità di scelta dei genitori sancita anche dal trattato Ue. I giudici: “Pronti a disapplicare le norme italiane in contrasto con questo principio”
La Cassazione dà un’altra picconata all’impianto giuridico che impedisce alle mamme di dare il proprio cognome ai figli. Dopo essersi già pronunciata in tal senso nel 2006, ora la Corte Suprema spezza un’altra lancia a favore dell’attribuzione del cognome materno ai figli legittimi nel caso in cui i genitori, concordemente, abbiano questo desiderio.
La nuova sentenza emessa dalla Prima Sezione Civile stabilisce infatti che in seguito all’approvazione, il 13 dicembre 2007, del Trattato di Lisbona (che ha modificato il trattato sull’Unione Europea e quello istitutivo della Cee) anche l’Italia, come tutti i 27 stati membri, ha il dovere di uniformarsi ai principi fondamentali della Carta dei diritti Ue tra i quali il divieto “di ogni discriminazione fondata sul sesso”.
Ma mentre nel 2006 la Cassazione si era limitata ad un appello al Parlamento affinché con una legge consentisse l’adozione del cognome materno, adesso i magistrati di Piazza Cavour dicono di essere pronti – proprio in forza della novità costituita dal Trattato di Lisbona – a rimuovere, disapplicandole, o avviando gli atti alla Consulta, le norme italiane in contrasto con i principi del Trattato. Del resto, sottolineano ancora i giudici, è da ormai quasi trent’anni (la prima proposta di legge a favore del cognome materno è del 30 ottobre 1979) che il Parlamento, pur avendo affrontato il tema, “non è ancora pervenuto a soluzioni concrete”.
Questo nuovo affondo della Cassazione a sostegno del cognome materno in sostituzione del ‘patronimico’, che la sentenza definisce “retaggio di una concezione patriarcale della famiglia non più in sintonia con l’evoluzione della società e le fonti di diritto soprannazionali”, è stato sollecitato dal ricorso di una coppia milanese dopo il no pronunciato dalla Corte d’appello di Milano alla loro richiesta di dare ai propri figli il cognome materno.
LA REPUBBLICA