Generazione mille euro. Troppo pochi per andare avanti tutto il mese, specie se bisogna pagare anche l’affitto. E il principio vale anche per la moglie separata: va bocciata la sentenza di merito che fissa l’importo dell’assegno di mantenimento a una cifra modesta in rapporto al tenore di vita goduto durante il matrimonio, pur avendo accertato l’elevata capacità reddituale dell’onerato. È quanto emerge dalla sentenza 14081/09 della Cassazione.
Il ricorso della signora è accolto contro le conclusioni del pm. Lei, casalinga durante il matrimonio contratto in giovanissima età, non ottiene l’assegnazione della casa coniugale: nessun figlio vive con la donna e l’appartamento si trova in un immobile tutto di proprietà dell’ex marito, il quale vi abita con la sua nuova compagna. Con quei mille euro al mese, dunque, la beneficiaria dell’assegno deve pagarsi anche un alloggio. Ma i giudici del merito non si pongono il problema, mentre hanno accertato che l’onerato è un benestante: ha disponibilità di somme ingenti sui libretti bancari, anche grazie all’attività commerciale che svolge, e a giudicare dagli immobili acquistati mostra pure capacità di risparmio. Insomma: la somma stabilita non basta a fare in modo che lei conservi lo stile di vita precedente la separazione.
È legittimo, invece, il “no” della Corte d’appello alla richiesta della donna che pretendeva indagini patrimoniali a carico dell’ex marito con l’aiuto della polizia tributaria: la documentazione fiscale acquisita risultava del tutto sufficiente. Sta al giudice stabilire se sia necessario o meno l’intervento della Guardia di finanza, ma se il magistrato non chiede la collaborazione delle Fiamme Gialle poi non può rigettare le domande per la mancata dimostrazione economica delle parti, che evidentemente ha ritenuto acquisita per altra via.


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