Davanti al legame familiare, ma anche all’interesse economico, non c’è privacy che tenga. L’intermediario finanziario che fornisce al coniuge superstite informazioni sugli investimenti del de cuius in essere al momento del decesso non paga il risarcimento agli altri eredi: l’ex partner ha diritto a ottenere i dati, mentre gli altri familiari non riescono a dimostrare il danno subito. Lo precisa la sentenza 3584/10 della Cassazione.
Il caso
L’ex marito separato è escluso dal testamento della moglie, ma ha sempre diritto alla quota di legittima. E chiede informazioni sugli investimenti della de cuius esistenti presso una società d’intermediazione mobiliare. La quale prima rifiuta e poi comunica che c’è una somma cospicua relativa a fondi comuni sottoscritti in favore dei figli. Perché i beneficiari non saranno risarciti dalla Sim? L’intermediario non ha diffuso dati sensibili: secondo l’articolo 13 della legge 675/96, infatti, ha diritto a ottenere le informazioni finanziarie non soltanto l’erede ma chiunque possa dimostrare di avervi interesse. E il marito, pur diseredato dalla de cuius, aveva dimostrato di non voler rinunciare alla quota che gli spettava per legge. Non coglie nel segno la censura dei figli sul presunto danno a opera della Sim: l’esistenza dei fondi d’investimento resa nota proprio mentre erano in trattativa con il padre li avrebbe obbligati a chiudere una transazione «a condizioni più onerose» rispetto a quanto preventivato. I chiamati dal testamento, però, non riescono dimostrare che prima l’accordo fosse stato raggiunto: mancano la prova scritta e altri mezzi utili come testimonianze o presunzioni semplici. Né vale obiettare che con il “no” iniziale alla richiesta di notizie la Sim avrebbe assunto un obbligo contrattuale: sarebbe stato nullo per impossibilità dell’oggetto visto il diritto del coniuge superstite a ottenere le informazioni.
LA STAMPA
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