Ha diritto al risarcimento per danno esistenziale chi, a seguito di un incidente stradale, perde il proprio vigore sessuale. Lo ha stabilito la Cassazione (terza sezione civile, sentenza n.2311), annullando con rinvio una sentenza della Corte d’appello di Roma che aveva negato tale risarcimento ad un uomo che, a causa di uno scontro in auto, aveva riportato danni tanto da non poter più avere rapporti sessuali, e, di conseguenza, era caduto in depressione. I giudici del merito avevano ritenuto che “il danno esistenziale o la lesione dei diritti umani non sono categorie che esulano dal danno biologico”.
Di tutt’altro avviso la Suprema Corte, il ”diritto alla sessualità rientra tra i diritti umani inviolabili né si confondono con i danni esistenziali né restano assorbiti nella globalità e complessità del danno biologico, ove abbiano una lesione propria, giuridicamente configurata come lesione del diritto”. Il diritto alla sessualità, dunque, come sancito anche dalla Consulta, va inquadrato, osserva la Cassazione, “tra i diritti inviolabili della persona, come modus vivendi essenziale per la espressione e lo sviluppo della persona”. Certamente, si legge nella sentenza, “la perdita della sessualità costituisce anche danno biologico”, ma “nessuno ormai nega che la perdita o la compromissione anche soltanto psichica della sessualità (come avviene nei casi di stupro e di pedofilia) costituisca di per sé un danno esistenziale – rilevano gli ‘ermellini’ – la cui rilevanza deve essere autonomamente apprezzata e valutata equitativamente in termini non patrimoniali e con una congrua stima dell’equivalente economico del debito di valore”.
Luca C. era diventato impotente nell’estate del ’94 in seguito a un incidente automobilistico a responsabilità esclusiva dell’altro conducente, che tra le altre conseguenze gli provocò una “impotentia coeundi per la invalidità dell’asta virile e la insufficienza del tono virile”, con “conseguente sindrome soggettiva ansioso depressiva”, si legge nella motivazione. Dopo cinque anni il Tribunale di Roma, nel giugno ’99, decretò che l’assicurazione dell’automobilista colpevole rifondesse Luca con 810 milioni di vecchie lire come risarcimento danni generico. Nemmeno la Corte d’Appello della capitale nel 2002 riconobbe i danni patititi da Luca “per la grave compromissione dell’attività sessuale”. Da qui la battaglia dell’uomo fino in Cassazione per una migliore liquidazione del danno biologico.