In Italia negli ultimi dieci anni il numero di separazioni e divorzi è quasi raddoppiato. Le statistiche non servono, è sufficiente guardarsi intorno per accorgersene. Coppie che vanno in frantumi dopo solo un anno di matrimonio, coppie che decidono di lasciarsi dopo una vita passata insieme, coppie che neanche ci arrivano a scoprire se la crisi del settimo anno è una leggenda metropolitana o esiste per davvero. Battono in ritirata prima.
E’ chiaro che la miriade di unioni che finiscono nelle mani degli avvocati hanno conseguenze di varia natura, sul piano affettivo, economico, logistico anche.
Basti pensare che dopo la separazione un uomo su cinque torna nella vecchia famiglia, isola felice per novelli Peter Pan che si ritrovano senza casa , spesso assegnata a moglie e figli.
L’analisi è stata fatta dal professor Massimo Livi Bacci, demografo, accademico dei Lincei, che ha coordinato un convegno in cui si sono confrontate otto università italiane sui temi delle separazioni e dei divorzi. Il dibattito è ruotato attorno al concetto di “instabilità familiare”, patologia dalle cause più diverse e dalla difficile cura. Si addebitano i matrimoni in caduta libera ora all’intolleranza delle donne, divenute ormai consapevoli del loro ruolo e non più disposte a sopportare una vita infelice, ora all’andamento della società, in cui è diventato faticoso venirsi incontro, perchè si vuole tutto e subito, con il minimo sacrificio. Ma se sull’origine di tale situazione si sprecano fiumi d’inchiostro, il dato di fatto è uno: tra il ’95 e il 2005 le separazioni sono passate da 51mila a 83mila, i divorzi da 27mila a 47mila. Più frequenti nelle regioni in cui il 50% delle donne ha un’occupazione.
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