Carcere possibile per i ladri minorenni
(Cassazione 34216/2007)
Carcere possibile anche per i minori che si rendano responsabili di scippi e furti in appartamento. Lo ha stabilito la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione annullando un’ordinanza del Tribunale dei Minorenni di Roma che non aveva convalidato l’arresto di una adolescente sorpresa a rubare in una abitazione ritenendo non necessario l’arresto per questo tipo di reati. Lo scorso 23 gennaio il Tribunale dei Minori della capitale aveva rimesso in libertà una ragazzina che era stata sorpresa a rubare in un appartamento, per la quale il Pubblico Ministero aveva chiesto la convalida dell’arresto. Contro l’ordinanza del GIP la Procura della Repubblica aveva proposto ricorso in Cassazione, ritenendo necessario l’arresto pur trattandosi di soggetto minorenne. Sull’applicabilità o meno del carcere preventivo ai minori accusati di furto nelle abitazioni o scippo la Cassazione ha infatti prodotto due orientamenti differenti in netto contrasto tra loro e non ancora risolti dalla Sezioni Unite: un primo orientamento ritiene che la custodia cautelare non sarebbe applicabile nei confronti dei minorenni che rubano o scippano in quanto non espressamente previsto dal D.P.R. n.448 del 1988. Le disposizioni citate devono però essere coordinate con la legge n.128 del 2001 che ha previsto il furto negli appartamenti e gli scippi come autonome e specifiche fattispecie di reato. La sentenza della Quarta Sezione Penale ha seguito invece il secondo orientamento, secondo il quale è possibile applicare ai minori la custodia cautelare anche nel caso di illeciti puniti con la reclusione inferiore a 9 anni e nelle fattispecie previste dalla legge del 2001. Secondo la Suprema Corte, pertanto, i reati di furto, “aggravati perché commessi in abitazione o con strappo”, fanno scattare la custodia cautelare in quanto hanno “l’aggravante incorporata” dalla modalità stessa di commissione del reato, indipendentemente dal fatto che il nuovo art.624 bis del codice penale, introdotto dalla legge del 2001, preveda la reclusione massima fino a 6 anni. Linea dura, dunque, nei confronti dei giovanissimi topi di appartamento, senza sconti. (10 ottobre 2007)
ARTICOLO TRATTO DA cittadinolex.kataweb
Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, sentenza n.34216/2007
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE
La corte composta dai signori magistrati:
Dott. Brusco Carlo Giuseppe Presidente
Dott. Zecca Gaetanino Consigliere rel.
Dott. Licari Carlo consigliere
Dott. Novarese Francesco consigliere
Dott. Piccialli Patrizia Consigliere
All’udienza camerale del giorno 23/1/2007 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Procura della repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Roma.
Imputata N. R.
Avv.to Bason di fiducia
Avverso ordinanza resa in esito all’udienza del 5/8/2005 dal GIP presso il Tribunale per i Minorenni di Roma.
Letti gli atti, la ordinanza impugnata e il ricorso
Udita la relazione svolta alla pubblica udienza dal consigliere Dott. Gaetanino Zecca
Udito il procuratore Generale in persona del Dott. Mario Iannelli
Che ha concluso per l’accoglimento con rinvio
PREMESSE DI FATTO
All’udienza di convalida ex art. 391 cpp, il GIP presso il tribunale dei Minorenni di Roma disattendeva la richiesta del PM di convalida dell’arresto di N. R. , minore , operato il 2/8/2005 per i reati di cui agli artt. 56, 81,624 bis, 625 nn 2 e 5 CP [1] (così nel testo del verbale di convalida). Il GIP, rilevato che l’arresto era avvenuto per violazione degli artt. 110, 56, 624 bis, 625 n. 2 e 5 CP per il quale, in relazione alla pena edittale massima di 9 anni, l’arresto non è consentito, non convalidava l’arresto medesimo.
Contro tale provvedimento proponeva ricorso per cassazione la Procura della Repubblica che concludeva per l’annullamento della ordinanza impugnata.
Il ricorso era deciso all’udienza del 23/1/2007 con il compimento degli incombenti richiesti dal codice di rito.
RITENUTO IN DIRITTO
La questione sollevata dal ricorso del PM, in considerazione delle specifiche modalità della condotta oggetto di questo processo, riguarda la applicabilità ai minorenni imputati di tentato furto, con effrazione in abitazione. La giurisprudenza di questa Corte, avuto riguardo alla vicenda di SU 683/2007 decisa all’udienza del 26/9/2006 con dichiarazione di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse del minore, resta fino ad oggi in una situazione di contrasto.
Per un verso si afferma la possibilità di applicare la misura cautelare detentiva affermando che, in tema di custodia cautelare nei confronti di imputati minorenni, l’art. 23 del D.P.R. n. 448 del 1988 non prevede tra i casi in cui può essere applicata la custodia cautelare l’ipotesi di cui all’art. 380 c.p.p., comma 2, lett. e-bis (delitti di furto in abitazione e con strappo “ex” art. 624-bis c.p.); tuttavia, l’art. 23 succitato richiama l’art. 380 c.p.p., comma 2, lett. e), che prevede l’ipotesi del reato di furto aggravato “ex” art. 625 c.p., comma 1, n. 2, prima parte, e che corrisponde esattamente all’ipotesi di cui all’art. 624-bis c.p., comma 3 (furto in abitazione o con strappo aggravato da una o piu’ delle circostanze di cui all’art. 625 c.p., comma 1). Ne consegue che nell’ipotesi di tentato furto aggravato in abitazione è applicabile nei confronti di indagati minorenni l’arresto in flagranza e la custodia cautelare ( Sez. V, ord. N. 5771 del 16.01.2004, ud. Del 16.01.2004), e anche Sez. IV sent. N. 6520 del 11.02.2003 (cc. Del 04.12.2002), Cass. Sez. IV 18/1/2003 n. 1581).
Viceversa altri provvedimenti di questa corte hanno negato la possibilità di applicare al minore accusato di furto in abitazione la misura cautelare detentiva spiegando che a seguito della legge 26 marzo 2001, n. 128 – che ha introdotto l’art. 624-bis c.p., il quale prevede il furto in abitazione e il furto con strappo come figure autonome di reato e non piu’ come circostanze aggravanti, per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, ex art. 380 c.p.p., comma 2, lett. e-bis, (introdotto dall’art. 10 della legge n. 128 del 2001) – non è applicabile per tali reati la custodia cautelare nei confronti di in un imputato minorenne in quanto l’art. 380 c.p.p. comma 2, lett. e-bis), non è richiamato dall’art. 23 del D.P.R. n. 448 del 1988 (che disciplina i casi in cui può essere applicata la custodia cautelare nei confronti di imputati minorenni e che non è stato coordinato con la legge n. 128 del 2001); né , in tali ipotesi, può farsi luogo ad interpretazioni sostanzialiste, trattandosi di limitazione della libertà personale, per di piu’ nei confronti di minorenni , limitazione per cui vige il principio di tassatività (art. 13 Cost.). Sez. IV, sent. N. 6581 del 11.02.2003 (cc, del 16-01-2003), e ancora Cass. Sez. 5^, 16 gennaio 2004, Rv. 227467; Cass. Sez. 4^, 4 dicembre 2002, Rv. 223591) hanno affermato che l’art. 23 in questione non prevede tra i casi in cui può essere applicata la custodia cautelare l’ipotesi di cui all’art. 380 c.p.p., comma 2, lett. e-bis) che riguarda i delitti di furto in abitazione e con strappo ex art. 624 bis;
Strumenti di interpretazione strutturale e storica consentono di ritenere maggiormente corrispondente al sistema normativo attualmente vigente la lettura che a partire dal dato cronologico evidenzia la sostanziale contemporaneità di art. 23 DPR 448/1988 e art. 380 cpp approvato con DPR 22/9/1988 n. 447. , per cogliere poi il permanere di precetti soltanto inseriti in altro articolo di legge e la natura dei rinvii che costruivano la trama ordinamentale con il riferimento a quei precetti. La formulazione originaria del richiamato art. 23, consentiva l’applicazione della misura cautelare detentiva nei confronti di minori solo in ordine ai delitti puniti con la reclusione non inferiore a dodici anni. Il D.Lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, ha ampliato la possibilità di applicazione della misura in questione, prevedendola per gli illeciti puniti con la reclusione non inferiore a nove anni, nonché per alcune specifiche fattispecie individuate attraverso il richiamo dell’art. 380 c.p.p.,comma 2, lett. e), f), g), e), che riguarda gli illeciti per i quali è consentito l’arresto in flagranza. La L. 26 marzo 2001, n. 128, ha tra l’altro ridisegnato la fattispecie di furto. In Particolare i reati di furto, aggravati perché commessi in abitazione (art. 625 c.p., n. 1) o con strappo (art. 625 c.p., n. 4, seconda ipotesi) hanno dato luogo a distinte incriminazioni disciplinate dall’art. 624 bis c.p., commi 1 e 2. Lo scopo era quello di evitare che il bilanciamento delle dette aggravanti con circostanze attenuanti potesse frustrare il rigore sanzionatorio. In conseguenza di tale innovazione, in quel medesimo contesto normativo, sono stati soppresse le disposizioni che regolavano le fattispecie aggravate in questione (art. 625 c.p., n. 1 e n. 4, seconda ipotesi). La stessa legge ha pure modificato l’art. 328 c.p.p., che come si è accennato, disciplina l’arresto in flagranza. E’ stata introdotta la lett. e bis), che conseguentemente, colloca le dette nuove fattispecie tra quelle che consentono l’atto restrittivo. Infine, è stata modificata la lettera e) dell’art. 328, escludendo il riferimento all’art. 625 c.p., n. 1 e n. 4, seconda ipotesi, trattandosi di aggravanti incorporate, per così dire, nelle nuove fattispecie di cui all’art. 624 bis c.p..
La nuova normativa non ha praticato una espressa modificazione del tenore dell’art. 23. ma deve senz’altro ritenersi esclusa la possibilità di fare applicazione analogica al processo minorile delle disposizioni previste per i maggiorenni dall’art. 328 c.p.p.. Una soluzione di tale genere è preclusa dal principio costituzionale di legalità penale di cui agli artt. 13 e 25 Cost. L’impossibilità di una “correzione interpretativa” della disciplina è stata pure esclusa dalla Corte costituzionale con la ordinanza n. 137 del 2003: “La determinazione delle ipotesi tassative di per sé eccezionali, nelle quali è consentito adottare misure custodiali – tanto piu’ nei confronti di dei minori, per i quali vale un criterio di ulteriore eccezionalità – spetta al legislatore, ai sensi dell’art. 13 Cost. , nel rispetto degli altri principi costituzionali e nei limiti della non manifesta irragionevolezza”.
Si tratta piuttosto di valutare le discontinuità e le continuità esistenti tra forma espressiva del nuovo quadro normativo e forma espressiva del quadro presistente; se vi sia continuità o radicale innovazione. Si tratta di un tema che riguarda la dimensione diacronica del diritto in funzione della ricognizione degli effetti del tempo quali si manifestano a causa della successione delle norme penali incriminatrici. Di fronte ad una nuova incriminazione occorre stabilire se, ed in che misura, vi sia continuità normativa rispetto alle disposizioni precedenti o se invece il novum abbia determinato un effetto abrogativo.
Si tratta allora di verificare la portata dell’enunciato normativo espresso dall’art. 23, nella sua configurazione risultante dal D.Lgs. n.12 del 1991, segnatamente per ciò che riguarda il rinvio all’art. 328 c.p.p., lett. e). L’enunciato stabilisce che la custodia cautelare può essere applicata nei confronti di minori quando si procede in ordine al reato di furto aggravato perché commesso in appartamento o con strappo. Le innovazioni normative di cui si è dato prima conto non hanno determinato la perdita di tale enunciato.
Occorre considerare che vi è senza dubbio continuità normativa tra le già dette fattispecie di furto aggravato in appartamento o con strappo e quelle introdotte dall’art. 624 bis c.p.p.. Infatti i nuovi illeciti conservano la struttura delle vecchie fattispecie aggravate e vi apportano solo lievi variazioni lessicali che sembrano orientate dall’intento di conformare la portata delle incriminazioni agli orientamenti formatisi nella consolidata giurisprudenza. In definitiva la struttura e la lettera delle norme regolatrici del caso che ne occupa, impongono di ritenere che la misura della custodia cautelare di cui all’art. 380 co. 2^ lett. e) bis, e 23 DPR 448/1988 sia applicabile ai minorenni chiamati a rispondere di tentato furto in abitazione con effrazione.
P.Q.M
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale per i Minorenni di Roma
Gaetanino Zecca Carlo Giuseppe Brusco
Consigliere Estensore Presidente
DEPOSITATO IN CANCELLERIA
IL 10 SETTEMBRE 2007