I bambini tiranni, quelli capaci di esasperare un intero nucleo familiare nonché compagni e insegnanti, sono il frutto di una impostazione educativa sbagliata. Si tratta di una situazione in cui le dinamiche di potere si sono rovesciate e si è attuata un’inversione di ruoli, sia perché alcuni genitori non sono capaci di “contenere” emotivamente i figli, sia perché, in mancanza di regole e limiti, è il bambino stesso che prende le redini della relazione. Il contenimento serve al bambino anche per sviluppare le funzioni dell’autocontrollo e dell’automonitoraggio, fondamentali per un sano sviluppo del sé dell’autoregolazione. In casi estremi il bambino può cadere in un vero e proprio delirio di onnipotenza, dove l’adulto è in qualche modo denigrato, sottostimato e ignorato nel suo ruolo. Ma non è un processo che svolge da solo, vi è indotto dalla mancanza di regole e di limiti. Oppure vive in una famiglia in cui i genitori sono molto presi dalla propria relazione, magari hanno una profonda crisi e sono deconcentrati dal loro ruolo di educatori. È il modo in cui il figlio tenta di attirare l’attenzione su di sé, in maniera immediata; è, insomma, il suo modo di chiedere aiuto perché essere ignorato è destabilizzante. Si tratta di bambini egocentrici e solo apparentemente sicuri, in realtà sono fragili e si appoggiano ad un falso Sé delirante e dispotico. In casi come questo sono i genitori prima e l’intero nucleo poi a dover essere aiutato. In Tribunale vediamo molti di questi casi come effetto di separazioni sanguinose, o dove un genitore si allea con un figlio, contro l’altro. Un ruolo pericoloso che viene dato ai bambini, anche molto piccoli, con conseguenze dolorose per il loro equilibrio adulto. La svalutazione del legame genitore-figlio “sano” – dove per sano si intende che è l’adulto che guida il bambino – può infatti comportare nel figlio delle limitazioni nello sviluppo dell’identità e dell’autostima, nello sviluppo delle competenze emotive, così come della capacità sociale di instaurare e mantenere rapporti sociali adeguati.
di Irene Petruccelli *


*Direttore del Centro di Psicologia Giuridica di Roma


Tratto da Repubblica.it


 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *