La Legge 40/2004 regolamenta la procreazione medicalmente assistita, che consiste nelle procedure capaci di permettere e favorire la fecondazione nel caso in cui essa non avvenga in modo naturale. Il testo legislativo ha generato un dibattito serrato al momento della sua approvazione e tutt’ora è fonte di discussioni e confronti. La normativa in questione permette la fecondazione assistita solo alle coppie eterosessuali in età fertile e dopo accertamento di sterilità o infertilità, escludendo quindi le coppie che, pur essendo fertili, rischiano di trasmettere al figlio malattie ereditarie. Non ammette la fecondazione eterologa, che si verifica quando il seme oppure l’ovulo provengono da un soggetto esterno alla coppia. Non consente il congelamento degli embrioni, imponendo la fecondazione di un numero massimo di tre ovuli alla volta con l’obbligo di impiantarli tutti contemporaneamente. Vieta, inoltre, un esame dell’embrione prima del suo trasferimento nell’utero della donna, al fine di salvaguardare il maggior numero di embrioni da quanti più abusi possibile. La conseguenza è che può capitare di impiantare un embrione malato, da sottoporre eventualmente ad un successivo aborto terapeutico. Un’inchiesta del Corriere della Sera ha stilato un primo bilancio: dal 2004, anno in cui la legge è entrata in vigore, si è registrato un calo delle nascite pari a 1041 bambini in meno e un aumento di gemelli e prematuri. Le interruzioni parziali di gravidanza, dovute alla scoperta che qualcuno degli embrioni è malato, sarebbero aumentate del 100 per 100. E così il fiume delle polemiche riprende il suo corso. Al referendum abrogativo del 2005 vinse l’astensionismo. Sono passati due anni e il gioco delle parti risulta invariato, tra chi definisce fallimentare l’attuale legge e chi, fermo sui suoi principi, non è disposto a piegarsi alle ragioni della scienza. Un fatto, purtroppo, è innegabile: questa legge, vietando la fecondazione eterologa, non elimina un desiderio di maternità che a volte è perseguito ad ogni costo ed oltre ogni confine, forse anche oltre ogni ragione. Ma tant’è. I dati di via Solferino rinviano ad una realtà in cui crescono le presenze italiane nelle strutture private di Repubblica Ceca, Grecia e Ucraina, essendo la Spagna troppo cara. Gli animi si riaccendono. La questione è sempre quella e ruota attorno ai concetti di “maternità”, “paternità”, “embrione”. La fede c’entra poco, o così dovrebbe. Prendere posizione è espressione di libera opinione filosofica. E mentre si torna a parlare di bioetica, il fatto è uno: la legge 40 è aggirata e necessita di miglioramenti. L’errore sostanziale sta tutto nella pretesa di offrire una tutela teoricamente “perfetta” della sopravvivenza e dell’integrità fisica dell’embrione, senza mediarla con le condizioni culturali e la collocazione internazionale del nostro Paese.
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