Solo il 4% ritiene che i ragazzi possano diffondere informazioni personali online: in realtà sono il 73%


Cosa fanno veramente i ragazzi quando sono collegati alla Rete? Un nuovo studio dell’Università di Tel Aviv, supportato da un sondaggio su ampia scala che ha coinvolto sia adulti che bambini, lancia ombre sulla reale consapevolezza dei genitori riguardo alle attività online dei propri figli. Nell’era di Facebook, MySpace, dei blog e dell’instant messaging, i genitori sono lontani più che mai dal mondo degli adolescenti che integrano quotidianamente le proprie attività scolastiche e ludiche con una seconda vita virtuale. La ricerca elaborata dalla Prof. Dafna Lemish dell’Università di Tel Aviv è ritenuta unica nel suo genere in quanto rivolta a genitori e bambini appartenenti alle stesse famiglie. Ha messo a confronto per la prima volta quello che gli adulti credono di sapere e ciò che i figli realmente fanno al computer, facendo emergere un gap generazionale notevolmente dilatato rispetto al passato, soprattutto a causa dell’avvento delle nuove tecnologie.
INTERVISTE COMPARATE – Il sondaggio ha coinvolto 500 bambini arabi ed ebrei di differente età ed estrazione sociale. Le rivelazioni dovrebbero far riflettere chiunque appartenga a una famiglia in cui i ragazzi hanno libero accesso alla rete. Ad esempio, solo il 4% dei genitori ha ritenuto possibile che i propri figli avessero rilasciato informazioni personali online, mentre ben il 73% dei ragazzi ha affermato il contrario. Chi si immaginerebbe che i propri figli siano così dissennati da accettare appuntamenti con sconosciuti incontrati in chat? Tra le madri e i padri intervistati, solo il 9% ha avuto tale lungimiranza, quando in realtà è stato il 36% dei loro “bambini” a dichiarare di avere amici online e il 40% a confessare di aver incontrato anche di persona quelli che inizialmente erano solo conoscenti virtuali.
GAP DIGITALE – È evidente la difficoltà dei genitori nello stare al passo con l’abilità, la conoscenza dei mezzi e l’esperienza nella navigazione propria dei giovani di oggi. Ad esempio, uno dei trucchi fondamentali che i ragazzi usano per far perdere le tracce dei propri viaggi sul web è la cancellazione della cronologia dei siti visitati: il 30% degli intervistati tra i 9 e i 18 anni ha dichiarato che questo, come tanti altri, è uno dei sistemi usati per mantenere la propria privacy in famiglia. Secondo la Prof. Lemish i problemi evidenziati da questa ricerca, condotta in Israele, si amplificano se relazionati a un Paese come gli Stati Uniti, per esempio, dove i ragazzi di medio ceto sociale hanno maggiori opportunità di accedere liberamente e in modo incontrollato alla rete. Secondo la ricercatrice, la soluzione al problema sta innanzitutto nel raggiungere la consapevolezza dell’esistenza di questa realtà così fondamentale nella vita dei nostri ragazzi. Inoltre non serve vietare l’accesso al web. Piuttosto bisogna stimolare il dialogo con i figli e indicare loro le stesse regole e cautele che sarebbe giusto seguire anche nella vita reale: non dare confidenza agli sconosciuti e non fornire mai i propri dati personali; piuttosto cercare di sfruttare le eccezionali opportunità di crescita e di conoscenza che il mondo virtuale offre.


tratto dal CORRIERE DELLA SERA

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