Come per il matrimonio anche in sede di separazione chi ha un sospetto – sulla reale consistenza del patrimonio dell’altro – parli subito. O taccia almeno fino al prossimo round giudiziario.
La sentenza e l’atto di separazione consensuale omologata, infatti, risultano modificabili soltanto se sopravvengono nuovi eventi in grado di alterare la situazione precedente: non contano i fatti preesistenti che non furono presi in considerazione. E ciò anche quando questi ultimi sono elementi che potevano rappresentare una realtà diversa e far giungere ad altre valutazioni. Un esempio? Il caso del marito imprenditore che, prima della separazione, viene liquidato dai soci all’insaputa della moglie casalinga: oltre al denaro, lui riceve azioni grazie alle quali assume il controllo di altre società che garantiscono lauti guadagni. Ma questo non basta a far aumentare l’assegno di mantenimento per lei.
È quanto emerge dalla sentenza 14093/09 della Cassazione.
Il fatto che dopo la sottoscrizione delle condizioni della separazione consensuale si sia acquisita la conoscenza della reale consistenza delle sostanze dell’obbligato – che aveva nascosto il suo patrimonio alla moglie (si è scoperto che aveva partecipazioni anche in altre società) – non rappresenta uno dei “giustificati motivi” richiesti dall’ultimo comma dell’articolo 156 Cc (codice civile) per mettere in moto il procedimento camerale di modifica dei provvedimenti sulla separazione dei coniugi: gli unici elementi in grado di attivare la revisione secondo l’articolo 710 del codice di procedura civile sono accadimenti di ordine materiale che comportano “immutazione della realtà fenomenica”. Insomma: ciò che è accaduto prima della sentenza e della firma della “consensuale” non conta, mentre il procedimento di revisione dell’assegno non risulta comunque bloccato dalla pendenza del giudizio di divorzio (Cassazione 813/09).
La natura decisoria e “definitiva” dei provvedimenti che riguardano il mantenimento e il rapporto con i figli e investono i diritti e i doveri dei genitori va riferita alla situazione esistente al momento della decisione: il fatto che siano suscettibili di revisione in ogni tempo non incide sulla loro natura. Essi, dunque, sono ricorribili per cassazione ex articolo 111 della Costituzione: la circostanza che, nella specie, il provvedimento impugnato di fronte alla Suprema corte abbia pronunciato sia sul mantenimento in favore del coniuge sia sul contributo in favore dei figli non impedisce la ricorribilità per cassazione.


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