Osservazioni presentate in occasione della audizione svoltasi martedì 26 luglio 2011 presso la Commissione Giustizia del Senato nell’indagine conoscitiva per l’istruttoria legislativa nell’ambito dell’esame dei disegni di legge nn. 957 e 2454 in tema di affidamento condiviso e modifiche al codice civile ed al codice di procedura civile.



 


Roma, 26 luglio 2011


 


Onorevole Presidente, Onorevoli Senatori,


con grande piacere l’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani accoglie l’invito ad un appuntamento così importante, in cui viene concessa l’opportunità di riflettere sui temi più delicati del diritto di famiglia e del processo di separazione.


Ringraziamo, pertanto, anche a nome del Presidente nazionale, avv. Gian Ettore Gassani, e del Consiglio Direttivo nazionale.


 


La necessità di una riforma del processo di separazione è innegabile: occorrono in materia norme chiare, non equivoche, complete, che sostituiscano prassi disomogenee e molto spesso contraddittorie e che consentano al nostro Paese di uniformarsi agli ordinamenti europeo ed internazionale, pur nel rispetto della specificità della propria realtà e della propria cultura.


Il disegno di legge n. 957 è stato occasione di studio e discussione in sede di Consiglio Direttivo nazionale già nell’ottobre dell’anno 2010; successivamente, si è preso atto anche del ddl n. 2454.


Le premesse esposte nelle relazioni introduttive sono assolutamente condivisibili.


Le criticità che vengono evidenziate in ordine alla sostanziale disapplicazione della legge n. 54 del 2006 nascono da un indubbio esame della realtà e, dunque, da dati di fatto che tutti noi possiamo quotidianamente verificare. In più di un’occasione l’AMI ha espresso disappunto e preoccupazione per la disomogeneità di prassi ed orientamenti nei 165 Tribunali italiani.


Non si contestano, quindi, i principi e le motivazioni che ispirano le modifiche, ma si propone da subito una formulazione letterale chiara, che non apra le porte, ancora una volta, a difficoltà interpretative ed applicative.


Ma se vi è condivisione sulle premesse, i rimedi individuati rispetto alle criticità emerse e, dunque, le proposte di modifica in concreto elaborate rispetto a norme fondamentali, quali l’art. 155 c.c. e l’art. 709 ter c.p.c., si ritengono del tutto inadeguati ed insufficienti.


La cultura dell’affidamento condiviso si è diffusa lentamente, in questi ultimi anni, nelle aule giudiziarie così come nella realtà sociale e civile, ed il messaggio è stato in taluni casi correttamente recepito.


Molto o troppo spesso, tuttavia, il riconoscimento formale del diritto alla bigenitorialità, sancito dalla legge n. 54 del 2006, non è stato accompagnato dalla effettiva e concreta attuazione e realizzazione del diritto stesso: al genitore non affidatario si è sostituito solo un genitore non collocatario, ugualmente senza concreta condivisione delle responsabilità genitoriali e del percorso quotidiano di cura e crescita dei figli.


In una logica che non deve essere “adultocentrica” non si pensi che rimedio utile ed efficace possa essere, ad esempio, la previsione del doppio domicilio, che decisamente procede in direzione opposta rispetto alla tutela dell’interesse del minore.


A parere dell’AMI si devono evitare pericolosi passi indietro.


L’interesse del minore deve essere posto al centro di ogni intervento, politico, economico, legislativo, sociale e culturale, sicché l’obiettivo finale di ogni riforma deve essere quello di garantire la concreta attuazione e la concreta tutela, in ogni ipotesi specifica, dei diritti che si sanciscono e si riconoscono in astratto.


 


Il Consiglio Direttivo dell’AMI nell’ottica della centralità dell’interesse del minore, espone, pertanto, le proprie osservazioni in ordine alle specifiche disposizioni normative contenute nel disegno di legge n. 957 (e, pariteticamente, nel disegno di legge n. 2454):


   il criterio del doppio domicilio, come detto, non realizza in concreto il diritto alla bigenitorialità, quale diritto del minore a due genitori entrambi responsabili e partecipi quotidianamente della sua cura e delle sue scelte di vita (art. 1 ddl); né, interviene efficacemente sulla necessità di evitare i conflitti, e le conseguenti decisioni, talvolta aberranti, sui tempi di permanenza presso l’uno o l’altro genitore;


   é pericoloso ed inattuabile in pratica – dovendosene tenere conto, sin dall’udienza presidenziale, nella predisposizione delle modalità dell’affidamento e del collocamento, nonché dei tempi di permanenza – il riferimento a criteri di valutazione, quali “la capacità di ciascun genitore di rispettare la figura ed il ruolo dell’altro”, che richiedono un’indagine attenta ed approfondita, nonché l’acquisizione di elementi tecnici, oltre che di fatto,  e conoscenze interdisciplinari specifiche (art. 1 ddl);


   non è condivisibile l’attribuzione implicita agli ascendenti della facoltà di intervento nel giudizio di separazione (art. 1 ddl). L’AMI riconosce l’importanza ed il ruolo della figura dei nonni nella realtà sociale attuale, ma ritiene, sempre in una logica che non sia adultocentrica e che persegua l’obiettivo di attuazione delle situazioni esistenziali che si riconoscono e sanciscono, che vada garantito il diritto dei minori ad un rapporto continuativo con gli ascendenti attraverso il riconoscimento ai nonni del diritto e della legittimazione attiva rispetto alla proposizione di autonoma istanza dinanzi al Tribunale per i Minorenni, ove sussistano ragioni di pregiudizio per i minori connesse e conseguenti a comportamenti dei genitori incompatibili con il diritto invocato. Ciò, sempre che siano estese al relativo giudizio le medesime garanzie previste per il processo di separazione;


   parere negativo si esprime sulla proposta di modifica del comma 4 dell’art. 155 c.c., e sulla previsione, quale regola generale, del mantenimento diretto e per capitoli di spesa (art. 1 ddl). Sarebbero inevitabili le difficoltà che si incontrerebbero nell’attuazione della norma, soprattutto nella maggior parte delle separazioni caratterizzate da un contesto sociale ed economico debole, così come le difficoltà a garantire tutela al diritto di credito del beneficiario nell’ipotesi di inadempimento. L’AMI ritiene più utile conservare l’assegno mensile di mantenimento, con la previsione integrativa di un obbligo di rendicontazione periodica, da parte del genitore beneficiario, con specificazione delle singole voci coperte dall’assegno stabilito e con espresso divieto di assegni omnicomprensivi delle spese straordinarie;


   decisamente negativo è, infine, il nostro parere in ordine alla proposta abolizione del riferimento al tenore di vita in precedenza goduto dal minore nella determinazione del quantum dell’assegno, che contrasta con i principi e le norme vigenti in materia.


 


Si condividono:


– la titolarità in capo al figlio, al raggiungimento della maggiore età, dell’assegno di mantenimento (art. 4 del ddl.);


– le proposte modifiche in ordine alle ipotesi di trasferimento della residenza (art. 2 del ddl);


 


L’AMI, inoltre, invita a riflettere:


– sulla necessità di eliminare dal testo di modifica (proposto dall’art. 2 ddl lett. a) ogni riferimento ad “istituti di educazione” (riferimento peraltro non presente nel ddl 2454): il collocamento presso terzi dovrà vedere preferito un familiare rispetto ad una eventuale casa – famiglia;


– sulla opportunità di non modificare quanto già previsto in tema di mediazione familiare, integrando, tuttavia, la disposizione vigente con l’obbligo dell’informazione alle parti sulla possibilità di fare ricorso alla mediazione familiare e sulla successiva possibilità di valutazione del comportamento tenuto durante il percorso volontariamente intrapreso. La mediazione familiare, quale diritto della coppia, dovrà essere gestita solo dal servizio pubblico locale; gli accordi finali non potranno includere condizioni che attengano ai rapporti patrimoniali tra i coniugi (art. 8 ddl). Il testo proposto appare comunque troppo articolato, poco chiaro e lacunoso;  


– sul collegamento “automatico” tra Pas e rifiuto dell’altro genitore (art. 9 ddl) e sulla opportunità di prevedere che la sindrome di alienazione genitoriale debba essere sempre oggetto di prova rigorosa (è preferibile il testo proposto dal ddl 2454). Preoccupazione desta anche la previsione, quale conseguenza, della perdita dell’affidamento condiviso, utilizzata qui come sanzione per il coniuge che sbaglia, ma di fatto lesiva del diritto alla bigenitorialità del minore;


– sulla possibilità di introdurre disposizioni che tutelino il cd. diritto alla fratria, vale a dire il diritto a mantenere intatta e preservare, anche durante e dopo la separazione, la relazione tra fratelli, primo laboratorio sociale in cui si sviluppa la personalità del minore ed importante risorsa affettiva nella fase di elaborazione dell’evento separativo (si veda la decisione dell’1.12.2009 della Corte di Appello di Salerno, Cons. Rel. Flora).  


 


L’AMI auspica che la Commissione Giustizia del Senato raccolga le riflessioni esposte.


Si oppone ad ogni tentativo di modifica dell’affidamento condiviso in affidamento alternato. Propone di valutare l’ipotesi di una integrazione dell’art. 709 ter c.p.c. e di un rafforzamento delle sanzioni nei confronti del genitore assente ed inadempiente. Le modifiche di diritto sostanziale, infatti, seppur consentono, ove se ne ravvisi la necessità, di ribadire e riaffermare diritti che dovrebbero ormai costituire dati acquisiti nella realtà giuridica, rischiano di scontrarsi con le criticità rappresentate in punto di attuazione degli stessi diritti ed esecuzione dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria, ove non si realizzi, nel contempo, una organica riforma del processo di separazione e delle funzioni, soprattutto di vigilanza e controllo, oltre che sanzionatorie, del giudice della separazione.  


Conferma la propria disponibilità rispetto ad ogni occasione di dialogo e confronto costruttivo, nell’interesse primario della tutela, della salvaguardia e della realizzazione dei diritti dei più deboli. Con forza e con convinzione ribadisce la necessità di una sinergia e di una coesione tra tutti coloro che perseguono il comune obiettivo di una giustizia sostanziale, garante della tutela dei diritti di ogni uomo nella famiglia, nella società e nei confronti delle istituzioni.


Si impegna a monitorare costantemente le prassi e gli orientamenti delle Corti di merito italiane e a far pervenire i relativi studi alla Commissione Giustizia del Senato entro la fine di novembre 2011, affinché l’elaborazione delle proposte di modifica possa avvenire sempre sulla base di dati reali ed informazioni corrette.


AMI


Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani


per la tutela delle persone, dei minorenni e della famiglia


 


P.zza del Risorgimento n. 36 – Roma


info@ami-avvocati.it

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