Una donna bresciana si era opposta al divorzio chiesto dal marito, sostenendo di aver ripreso a convivere dopo pochi mesi dalla separazione consensuale.
I giudici di merito avevano ritenuto che non si poteva parlare di riconciliazione in caso di semplice coabitazione, dando rilevanza al fatto che i coniugi dormissero in letti separati e frequentassero amicizie diverse.
La Cassazione con la sentenza 12314/2007 ha capovolto il “decisum” dei giudici di merito, sottolineando che “le circostanze che i coniugi grequentassero amici diversi e dormissero in camere separate sono significative semmai sul piano dei sentimenti, ma di per sè non incompatibili con la convivenza e, dunque, con l’interruzione della separazione”.
Dura la censura dei giudici della Suprema Corte sull’operato dei giudici di primo grado che avrebbero commesso l’errore di pretendere che la donna fornisse prove ulteriori della riconciliazione, quanto al suo aspetto psicologico, già presumibile dalla ripresa coabitazione dei coniugi.
La Corte ha, inoltre, evidenziato che è compito del coniuge che vuole la separazione dimostrare che ” il nuovo assetto posto in essere era tale da non integrare una ripresa della convivenza”.