Giunge da Milano una notizia che ha dell’incredibile.
Il Gip di Milano, accogliendo la richiesta della Procura della Repubblica, ha disposto la misura cautelare dell’allontanamento del padre dalla casa familiare per un periodo di 6 mesi, con il divieto, per lo stesso,  di avvicinarsi al domicilio, al posto di lavoro e nei luoghi frequentati dalla moglie e dalla figlia.
Quel che lascia davvero sgomenti non non è tanto la portata e la tipologia del provvedimento, che peraltro è stato finalmente metabolizzato dalla realtà giudiziaira italiana, ma quanto i motivi singolari che hanno spinto il Gip ad emettere il decreto.
Si legge nell’ordinanza, infatti, che il padre-marito di 35 anni (appartenente alle forze dell’ordine), soffriva della sindrome di “dipendenza da internet”.
L’uomo, vittima dei nostri tempi, era letteralmente incollato giorno e notte al computer, per almeno 10-12 ore al giorno. Aveva completamente annullato la sua vita, compresa ogni relazione personale e sentimentale, per coltivare la sua mania di giocatore di ruolo on-line.
La moglie, ascoltata dai Carabinieri, ha dichiarato che il marito era ormai alieno dal contesto familiare, non era interessato a nulla, fuorchè il computer, compromettendo inesorabilmente la vita relazionale di coppia e filiare.
Addirittura, la madre, quando era al lavoro, doveva incaricare i vicini di casa per andare a prendere la figlia di 10 anni a scuola, poichè il padre o si rifiutava per i suoi impegni ludici, ovvero si dimenticava del tutto, come era più volte avvenuto.
Per la cronaca, l’uomo è indagato per maltrattamenti in famiglia e violazione degli obblighi di assistenza  familiare.


La Redazione

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