Gli alunni a scuola, per quanto possano rendersi protagonisti di atti di bullismo, non possono essere sottoposti a punizioni “di valenza di derisione e di gratuita offesa”.
Lo sottolinea la Cassazione (sentenza 46962) occupandosi del ricorso di un preside di una scuola elementare della provincia di Cagliari che, dopo aver convocato un alunno di 7 anni per avere rotto la tavoletta di un water, gli poneva la stessa tavoletta al collo alla presenza della maestra e di due bidelli.
Va detto che la denuncia per ingiuria fatta dai famigliari del bambino è stata ritirata e dunque la Cassazione non ha potuto fare altro che rilevare la ”intervenuta causa di estinzione del reato”. Tuttavia i giudici della quinta sezione penale hanno fatto notare che il ricorso del dirigente scolastico, anche se non fosse stata ritirata la denuncia, sarebbe stato dichiarato ”inammissibile perchè manifestamente infondato”. Il dirigente scolastico era stato condannato per ingiuria dalla Corte d’Appello di Cagliari il 17 aprile 2009.
Pur dichiarando estinto il reato per remissione della querela, la Suprema Corte, a futura memoria per comportamenti di questo genere, fa notare che “la Corte di merito aveva reso con ampia motivazione l’intero quadro dei presupposti per l’applicazione dell’ipotesi di cui all’art. 594 c.p., compreso l’elemento psicologico del reato oltre che quello oggettivo“. Insomma, il preside della scuola, se i genitori dell’alunno non avessero ritirato la querela sarebbe stato condannato per ingiuria.


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