Un pedofilo è stato arrestato grazie alla testimonianza del suo psichiatra. Il giovane palermitano, appena 23 anni, è finito in manette dopo aver confessato al suo medico di aver abusato di quattro bambine, le sue nipoti.
Scattata la denuncia da parte del neuropsichiatra alla fine del 2006, dopo un anno di indagini la polizia ha notificato un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari al ragazzo, che sconterà gli arresti presso una casa di cura.
Una storia di ordinario orrore oramai, a fronte del quale anche l’obbligo del segreto professionale può venire meno.
L’art. 622 c.p., infatti, punisce chiunque, avendo notizia , per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto dal quale può derivare nocumento, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto.
Per “segreto” si intende una notizia che non deve essere portata all’altrui conoscenza e che, pertanto, non è già di per sé notoria e di solito si tratta di un fatto della vita privata che il singolo ha interesse a mantenere riservato.
Nel caso di specie, si può inoltre richiamare l’art.9 del codice di deontologia medica, a norma del quale “il medico deve mantenere il segreto su tutto ciò che gli è confidato o che può conoscere in ragione della sua professione; deve, altresì, conservare il massimo riserbo sulle prestazioni professionali effettutae o programmate, nel rispetto dei principi che garantiscano la tutela della riservatezza”.
Ma è poi lo stesso articolo 9 a tracciare le ipotesi costituenti eccezione, la cosiddetta “giusta causa”, tra cui rientra l’urgenza di salvaguardare la vita o la salute di terzi, anche nel caso di diniego dell’interessato, ma previa autorizzazione del Garante per la protezione dei dati personali.
“In un caso come questo -ha spiegato il presidente della società italiana di Psichiatria, Carmine Munizza- la valutazione resta quella, personale, del professionista, il quale comunque si assume la responsabilità del proprio atto, che andrà giustificato”.
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