La Cassazione ha confermato che è reato visitare siti internet a pagamento contenenti immagini a luci rosse aventi come protagonisti bambini. “La pedopornografia” –si legge nella sentenza 41570- “esiste e si perpetua solo perché vi è a monte una domanda. Non solo. Guardare certi siti internet non è un’esplicazione della propria libertà sessuale”.
In realtà già la legge 269/98 contiene norme contro la pornografia minorile e il turismo sessuale in danno di minori ma la sentenza 41570 interviene a definire e puntualizzare, in un ambito in cui le precisazioni non sono mai troppe.
Da oggi si può affermare, con toni chiari e a chiare lettere, che non ci si imbatte involontariamente nel materiale pedopornografico ma si sceglie di commettere un reato nel momento stesso in cui si entra in determinati siti.
Come dire che la prospettiva, per consumatori e produttori, è una: il carcere.
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