Si dice che il passato sia meglio del presente e che gli anziani siano sempre un esempio per i giovani.
E’ solo demagogia, mista a nostalgia.
Non è sempre così. Vi sono uomini ed epoche che non possono essere rimpianti.
Riccardo Scocozza, e lo dico cercando di essere quanto meno malinconico possibile, è uno di quegli uomini che meritano di essere immortalati. Uno dei pochi.
Pur non avendo io mai fatto “vita di Tribunale”, cioè il cosiddetto “salotto” nei corridoi, essendomene stato sempre un po’ in disparte, ho avuto modo di conoscere l’Avvocato Riccardo Scocozza, così come avevo conosciuto il suo povero figlio Guido, mio coetaneo.
E’ morto un uomo di classe, di stile. Un leader. Un sognatore. Un Principe del Foro Italiano. Un mix di cultura ed umanità.
Ciò che gli invidiavo era la sua instancabile forza, la sua tenace vitalità, la sua cultura generale, la sua giovinezza. Invidiavo i suoi sogni.
Mi ricordo di lui fin da quando ero un ragazzino. Perché Riccardo Scocozza tra i suoi amici, annoverava mio padre Dino, nonostante all’epoca fossero acerrimi avversari politici, almeno in pubblico.
L’ho conosciuto anche da “avversario” in un’aspra competizione elettorale per il rinnovo del Consiglio Forense di Salerno.
In campo c’erano due schieramenti, entrambi forti. Cosa che non capita da allora. Era il gennaio 1998, quasi un decennio fa.
Io ero candidato nella lista dell’indimenticabile De Nicolellis. Insieme a me vi erano Americo Montera, Peppe Corona, Silverio Sica.
Dall’altra parte c’erano Riccardo Scocozza, Bernardo Altieri, Giuseppe Tedesco, Agostino Salimbene, Antonino Sessa (tanto per fare dei nomi).
Alla fine la mia lista vinse sul filo di lana, dopo il ballottaggio.
Al di là delle polemiche che ne scaturirono, il mio ricordo di quella competizione resta indelebile.
Scocozza perse, ma dimostrò il suo carisma.
Ma i suoi ulteriori successi forensi, quelli più prestigiosi, li ha ottenuti dopo, a livello nazionale, e così ha messo tutti d’accordo, amici e nemici.
Spesso l’ho incontrato a Roma ed ero fiero che un avvocato del nostro Foro rappresentasse gli interessi di tutti gli avvocati italiani.
Era sempre affettuoso con tutti e a Roma lo stimavano tantissimo.
Una volta mi disse “Noi avvocati siamo come dei marinai, abbiamo bisogno di navigare sempre nuovi mari, andare via e metterci alla prova. Impara ad essere incontentabile e ragiona come se dovessi sempre cercare una meta”.
Ricordo che appuntai subito queste parole, come un padre riserva soltanto ad un figlio.
Avevo capito perché Riccardo Scocozza era così vitale e così sognatore.
Nonostante la sua età, era ancora un giovane nell’anima.
Ora nel mio studio collabora con me una sua allieva, Mariarosaria Della Corte.
Non c’è stato giorno, da quando la collega sta con me, che non abbia parlato del suo Vero Maestro, di professione e di vita.
Solo un uomo come lui poteva farsi amare in questo modo e diventare un angelo custode, da vivo e da morto.
Ritengo che la morte dell’Avvocato Riccardo Scocozza rappresenti un lutto cittadino. E non soltanto della famiglia e del Foro.
In una città bella, ma tanto indolente come la nostra, si dovrebbe imparare ad essere meno indifferenti verso chi le dà un po’ di luce e prestigio.
Scocozza è diventato grande fuori dal suo abituale mare. Non mi meraviglia tutto ciò. Era già scritto.
Anche la morte lo ha voluto lontano da noi. Anche questo era destino.
Addio Grande Riccardo.
Gian Ettore GASSANI