È il Tribunale per i minorenni a decidere sul mantenimento del figlio naturale, anche dopo l’entrata in vigore della legge 54/2006, quella sull’affido condiviso. Anzi, al giudice specializzato tocca pure determinare la misura con cui ciascun genitore deve contribuire alle esigenze del piccolo. Lo precisa la Cassazione con l’ordinanza 13183/09.
La Suprema corte, nella specie, accoglie il ricorso del padre naturale e dichiara la competenza del Tribunale per i minorenni. È vero: la legge sull’affido condiviso ha riformato l’articolo 317 bis del codice civile, che risulta rinnovato nel suo contenuto precettivo. Ma resta pur sempre – aggiungono – lo statuto normativo della potestà del genitore naturale e dell’affidamento del figlio nella crisi dell’unione di fatto. Dunque? Adottare i provvedimenti nell’interesse del figlio naturale spetta al Tribunale per i minorenni in forza dell’articolo 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile, che risulta non abrogato in parte qua, neppure tacitamente, dalla riforma. In capo al giudice specializzato c’è la competenza relativa a provvedere anche sulla misura e il modo con cui ciascuno dei genitori naturali deve contribuire alle esigenze del bambino.
Il restyling degli articoli 155 Cc e seguenti prefigura infatti una contestualità delle misure che riguardano, da un lato, l’esercizio della potestà e l’affidamento del figlio e, dall’altro, delle misure economiche inerenti il mantenimento. Due gli obiettivi: primo, evitare discriminazioni fra i bambini, facendo in modo che ricevano dall’ordinamento un eguale trattamento, al di là del fatto che siano nati o meno da genitori coniugati; secondo, salvaguardare il principio di concentrazione delle tutele, che aiuta a garantire la ragionevole durata del processo.


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